1La maggior parte del clero di Terra d’Otranto, dopo l’Unità, tenne un comportamento oltremodo ambiguo nei riguardi del nuovo regime: poche, però, furono le proteste e gli eccessi reazionari. Il Capitolo della Cattedrale di Lecce si rifiutò di cantare il Te Deum in occasione dell’ingresso a Napoli del re Vittorio Emanuele II. Nella chiesa delle Anime del Purgatorio di Gallipoli il canonico Manzolino si comportò in modo diverso, cantando l’inno, nonostante l’opposizione di alcuni Nobili congregati. Cfr. D. De Rossi, Sette segrete e brigantaggio politico in Terra d’Otranto nel periodo del Risorgimento italiano, Cutrofiano, 1979, pp.115-121. Così scriveva, il 18 aprile 1863, il giornale Cittadino Leccese: "Per vincere il clero retrivo, noi abbiamo creduto sempre che unico mezzo è quello di non curarlo. Non è co’ cattivi preti che si fa l’Italia, ma colle buone armi e co’ buoni consigli; dunque perché tanto preoccuparci di essi? Vi sono dei preti che non vogliono cantare il Te Deum nei giorni delle feste civili, si rifiutano di pregare pel Re nel Venerdì Santo. Questi preti sono i nemici dell’Italia; e che si è fatto finora contro di loro? Si è gridato la croce addosso, e si son compilati de’ processi? Noi abbiamo deplorato questo procedimento. Bisognava, secondo noi, dimostrare a loro che le feste civili non sono riuscite meno brillanti, senza il loro concorso, e che il Re d’Italia gode, di buona salute, intende alla prosperità del suo popolo, senza le loro preghiere o benedizioni cui non sa in coscienza cosa farsene . L’indifferenza, la noncuranza, se volete anche il disprezzo; ecco la sola risposta degna di noi verso i loro insolenti rifiuti. Se noi avessimo serbato maggior rispetto per la logica, non avremmo potuto comportarci diversamente. Infatti, non siamo noi che abbiamo gridato, e gridiamo tuttavia Libera Chiesa in libero Stato?". Cfr., D. De Rossi, op. cit.,130-131.

2Il Palazzo municipale di allora corrisponde oggi al palazzo che si trova in via A. de Pace al n. 100. Allora era Sindaco Giacomo Papaleo, Assessori: Francesco Caracciolo, Rocco Mazzarella, Pasquale Riggio e Michele Pasca. Cfr. Archivio Storico Comunale di Gallipoli (ASCG), Registro Deliberazioni Giunta Municipale 1861-63, p. 10.

3Era ancora in vigore la legge borbonica che stabiliva una ferma di otto anni, alla quale era soggetta per sorteggio una parte dei coscritti di 18 anni di età. Erano previste molte esenzioni per motivi familiari e la facoltà del sorteggiato di farsi sostituire da un volontario mediante pagamento di una tassa di 240 ducati (1.029 lire), sicchè in pratica solo i più poveri prestavano servizio militare. I siciliani erano esenti dalla coscrizione e potevano prestare servizio solo come volontari. Non esistendo ancora i Distretti militari, le operazioni di arruolamento venivano svolte nei Comuni da un Consiglio di Leva presieduto dal Sindaco e composto dagli Assessori e da altri membri scelti dal Consiglio comunale. Successivamente, con varie leggi del 1871, del 1873 e del 1875, il sistema di reclutamento fu cambiato e riorganizzato.

4Era stato fondato e diretto da Emanuale Barba che si firmava Filodemo Alpimare. Il Gallo, che poteva "cantare tre ed anche quattro fiate al mese, a seconda del numero degli abbonati che avrà", aveva come motto "Fideliter excubat".

5Il Consiglio di Leva era riunito sin dalle 9 antimeridiane. Cfr. ASCG, Registro Deliberazioni Giunta Municipale, p. 10.

6Giuseppe De Cesare, Sottoprefetto a Gallipoli.

7Tra i militi della Guardia Nazionale si distinsero: Vincenzo Perrella, Vincenzo Delli Ponti, Michele Perrin, Domenico Palmisano. Cfr. Cittadino Leccese, A. I, n. 39, 30 settembre 1861, in D. De Rossi, op. cit., p. 176.

8Nel conflitto furono uccisi Francesco Barletta, alias Tonson, di anni 31, di genitori ignoti, originario di Vico Equense, facchino, sposato con A. Maria Carrozza; Gaetano Rossano fu Andrea, di anni 48, celibe, commerciante, domiciliato in Largo Castello: ambedue, che morirono sul colpo, durante la sparatoria, "roborati nullo Sacramento", furono seppelliti "extra moenia civitatis". Il pescatore Giuseppe Pedaci di Salvatore, di anni 49, marito di Rosa Mezzi, ferito, morì l’indomani, e munito dei Sacramenti, fu seppellito nella Chiesa del Convento dei PP. Cappuccini. Secondo il rapporto del Giudice Istruttore del Distretto di Gallipoli i primi due morirono alle ore 22,30 del 24 novembre 1861, il terzo alle 9 del giorno dopo. Cfr. ASCG, Registro Atti di Morte 1860-61, ff. 91 e 92 ed Archivio Cattedrale di S. Agata ( ACSA), Liber defunctorum 1850-1867, p.136 v.

9ASCG, Registro Deliberazioni Giunta Municipale 1861, pp. 10-14. Fungeva da sindaco l’Assessore Pasquale Riggio; Assessori erano Michele Pasca, Rocco Mazzarella, Francesco Caracciolo e Giovanni Palomba (aggiunto)..

10Il Gallo, Anno I, Num.1, p. 2.

11ASCG, Registro Deliberazioni Giunta Municipale1862, pp. 16-17.

12Nacque a Gallipoli il 18 agosto 1819 : medico, scienziato, poeta, fiero patriota mazziniano. Fu affiliato alla Loggia massonica "Tommaso Briganti", fondata a Gallipoli da Carlo Rocci Cerasoli nel 1862. Cospirò con tutti i liberali di Terra d’Otranto contro il Borbone per la causa italiana. Fu intimo di Giuseppe Libertini, di Sigismondo Castromediano, di Bonaventura Mazzarella , di Epaminonda Valentino ed Antonietta de Pace. Fu condannato, nel 1851, assieme ad Oronzo Piccioli, Nicola Massa, Francesco Patitari, Luigi Marzo, Carlo Rocci Cerasoli, Giovanni Laviano, dalla Gran Corte Criminale di Lecce, per l’insurrezione a Gallipoli e per la presa del Castello nel maggio 1848. Morì il 7 dicembre 1887.

13ASCG, Registro Deliberazioni Consiglio Comunale 1862, pp. 153-157.

14Il 12 maggio 1866 il Ministero dei LL. PP. dichiarava il porto di Gallipoli di 3^ classe e decideva che la spesa per la sua costruzione, che ammontava a L. 649.000, doveva ripartirsi tra lo Stato, la Provincia, Gallipoli e i Comuni del Circondario. Nel mese di maggio 1871, finalmente, il Ministro dei LL. PP. firmò il contratto di appalto dei lavori su progetto dell’ingegnere Pinto: essi terminarono nel gennaio del 1877.

15Nel 1594 l’Università (Amministrazione civica) di Gallipoli "con le debite superiori approvazioni" impose un dazio di un grano a stajo ( grano, moneta del Regno di Napoli, che corrispondeva alla centesima parte del ducato; staio, unità di misura usata per l’olio, che corrispondeva a Kg.15,59) sull’olio che si immetteva nella Città . L’introito era utilizzato per la manutenzione "delle mura , del ponte stabile, delle Fortezze, e Bastioni, e delle strade". Nel giugno del 1807 l’introito, con decreto del re Giuseppe Bonaparte, passò al Ramo della Guerra che provvide alle suddette manutenzioni. Successivamente, il 1 giugno 1819, il re Ferdinando I di Borbone "aggregò l’introito al Ramo delle Finanze, incorporandolo all’amministrazione dei Dazj Indiretti". Il Consiglio comunale chiese, il 18 dicembre 1864, al Ministero degli Interni e a quello delle Finanze di disporre della suddetta tassa. La Prefettura di Lecce fu autorizzata dai suddetti Ministeri ad approvare la richiesta ma il Comune di Gallipoli non riuscì più a riscuotere l’imposta poiché il dazio sull’olio fu abolito dal 1 gennaio 1866 per effetto del nuovo sistema di imposte governativo. Cfr. Registro Deliberazioni Consiglio Comunale 1866, pp. 313-314.

16Il Gallo, Anno I , Num. 1, pp.1-2.

17Ibidem, p. 2.