La Fontana antica di Gallipoli di Federico Natali

La fontana greca

Chi giunge a Gallipoli per godere delle sue bellezze paesaggistiche ed artistiche, prima di proseguire il suo cammino verso il Centro Storico, che offre attrattive di fascino e bellezze di seduzione con i suoi numerosi palazzi e chiese, con le sue stradine, i vicoli, le corti, con i suoi labirinti angusti ma pure sfolgoranti di luce, nella uniforme generale imbiancatura a calcina, sosterà necessariamente davanti alla Fontana greca, ubicata di fronte alla Chiesa del Canneto, unica reliquia dell'antichità classica esistente nella nostra Città. Nell'osservare la facciata, che guarda a Sud, molte volte è colto da un senso di ammirazione e smarrimento nel constatare il genio artistico e la perizia di un popolo civile e colto che così efficacemente seppe esprimere le sue convinzioni religiose e le sue più intime emozioni.

Nonostante le ingiurie del tempo, l'incuria e l'imperizia degli uomini abbiano danneggiato il pregevole monumento, si possono ancora distinguere le vestigia della sua primitiva bellezza. Risaltano figure arse dal sole, corrose dal vento marino e dalla pioggia, che pare anelino raccontare le loro vicissitudini. Allora dalle profonde e spente cavità oculari, dai numerosi orifizi dei corpi, dalle bocche eternamente serrate, specie nei giorni in cui soffia forte lo scirocco, sembrano venir fuori voci, che narrano tragedie umane, lamenti, grida di dolore, di rassegnazione, di insofferenza.

Illustri scrittori e poeti, durante i secoli, l'hanno descritta e ne hanno celebrato la fama: ricordiamo A. De Ferraris, G. B. Crispo, S. Catalano, A. Roccio, L. Franza, B. Ravenna, P. Maisen, L. Sansò, G. Pagliano, A. Barbino. Il nostro G. Domenico Catalano l'ha immortalata nelle sue numerose tele. Nel secolo XVIII il famoso artista francese Des Préz fissò la sua immagine in una rara incisione.

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La Fontana è stata sempre cara alla gente gallipolina sia per il suo valore artistico sia perché, per molti secoli, prima che giungessero le acque del Sele, ha rappresentato l'unica fonte per dissetarsi. Gli abitanti si approvvigionavano dell'acqua potabile comprandola dai venditori, detti "acqualuri", che la trasportavano nelle case, su di un traino tirato da un asino, in botticelle, dette "valiri", dopo averle riempite alle artistiche cannelle.

Il sito della Fontana nei tempi antichissimi non era l'attuale: lo attesta la maggior parte degli storici e degli studiosi che concordano che essa in origine era ubicata nel luogo detto "Fontana Vecchia" (oggi "Fontanelle"). In questo posto, che ancor prima era chiamato "li Corici" (toponimo di origine greca che significava luogo adatto ai bagni), esisteva una fonte di acqua purissima, che derivava da alcuni pozzi costruiti con grande perizia, dove erano solite prendere il bagno le fanciulle ed i fanciulli. La Fontana dalla quale defluivano le fresche acque fu adornata, secondo il costume greco, con i bassorilievi che ancora oggi ammiriamo.

Successivamente, nel 1548, il prezioso monumento, per sottrarlo ai guasti che i marosi stavano producendo, fu trasportato in un luogo più vicino alla Città, in località "Pietra de'Cacciatori", affianco alla chiesetta di S. Nicola (oggi tra la sede del Compartimento Marittimo e quella dell'A.M.N.I.). Fu anche prolungata la conduttura dell'acquedotto e l'acqua fu fatta sgorgare da una sola cannella.

Finalmente nel 1560, sindaco G. Pietro Abbatizio, la Fontana fu spostata definitivamente nel sito attuale, con il prospetto che guarda a scirocco, di fronte alla Chiesa del Canneto, affianco alla quale passava l'unica strada che portava nella Città. Liborio Franza afferma che da essa fuoriuscivano sette zampilli di acqua. Di questo periodo è la costruzione della parte terminale superiore, che ha forma quasi triangolare: al centro è scolpito lo stemma di Filippo V di Spagna e I di Napoli, sui due pannelli laterali lo stemma della Città. L'orlo superiore è decorato con motivi floreali.

Nell'anno 1765, sindaco Nicola Doxi Stracca, l'Università (Comune) di Gallipoli fece costruire la facciata che guarda a tramontana per il fatto che, dopo la costruzione del ponte secentesco, da quella parte era stata costruita la nuova strada che portava alla Città. Questa nuova struttura non presenta particolari pregi architettonici: in alto vi sono scolpite le armi di Carlo III di Borbone, al centro fu posto lo stemma civico con sotto una targa marmorea.

Svariate ipotesi, sull' origine e le dislocazioni della Fontana, la individuazione ed interpretazione dei personaggi mitologici scolpiti, si sono fatte, negli ultimi tempi, da molti studiosi, che mettono in discussione ben radicate convinzioni che appartengono alla storia ed alla cultura di Gallipoli: esse, però, si sono rivelate poco convincenti in quanto non sono sufficientemente suffragate da documenti e da opportune argomentazioni.

Nella facciata monumentale, dal basso si elevano quattro piccoli pilastri tra i quali sono inserite tre vasche, sorrette da eleganti puttini ed impreziosite da ghirlande, dalle quali, attraverso un foro, fuoriusciva l'acqua che si raccoglieva in una sottostante grande vasca. Sui pilastrini poggiano dei piedistalli sui quali si ergono quattro cariatidi (due di sesso maschile e due di sesso femminile) che, terminando con un capitello corinzio, sostengono l'architrave, il fregio e la cornice sulla quale poggia il timpano.

Le cariatidi dividono la facciata in tre scomparti nei quali sono rappresentate, in bassorilievo, le metamorfosi di Dirce, Salmace e Bibli, le tre ninfe della mitologia classica trasformate in fonti dagli dei, sdraiate sopra le tre vasche; vi sono anche Bacco, Venere con Cupido e Cauno, fratello di Bibli. In epoca posteriore al concepimento e all'edificazione del monumento furono incise nei tre riquadri, sotto l'architrave, delle parole e dei distici latini che, illustrando il significato delle sculture, ammonivano a non lasciarsi trascinare dalle insane passioni amorose.

Nel primo scomparto, a sinistra di chi guarda, è rappresentata Dirce, nuda, distesa sulla vasca. Essa, anticamente, versava acqua dalle mammelle e da varie parti del corpo. Affianco a lei vi sono due tori e, scolpito, più in alto, Bacco coperto dal mantello e circondato da fronde di vite. Secondo la Mitologia, Lico, re di Tebe, ripudiò la moglie Antiope per sposare Dirce. Anfione e Zeto vendicarono la madre uccidendo il re e facendo straziare il corpo di Dirce da un toro inferocito. Bacco ebbe pietà della ninfa e la trasformò in fonte. Sotto l'architrave, sopra la testa di Bacco, si legge la parola "Zelotypiae" (gelosia).Il distico latino, assieme alle immagini, invia un messaggio, un'esortazione, tendenti a suscitare orrore per l'adulterio e per la gelosia che producono inevitabilmente danni irreparabili.

Nel comparto centrale è scolpita la metamorfosi di Salmace, la ninfa follemente innamorata di Ermafrodito, figlio di Mercurio e Venere, che ottenne dagli dei che dal suo corpo e da quello del giovinetto se ne formasse uno solo, con gli attributi dei due, in modo da rimanere uniti per sempre. Distesi sulla vasca ci sono i corpi di Salmace ed Ermafrodito abbracciati ed avvinti da un laccio la cui estremità è nelle mani di Venere, che li sovrasta e che ha sulla destra Cupido. Sotto il profilo dell'architrave si legge "Amoris". I versi del distico, che riportano l'epigramma 99 del poeta Ausonio, sembrano mettere in evidenza i tristi effetti di una sfrenata passione amorosa che, il più delle volte, illanguidendo l'animo e la forza del corpo, fa perdere ogni dignità umana.

Nella terza sezione è scolpita Bibli, distesa sulla vasca, che con una mano sorregge una mammella e con l'altra afferra il mantello di Cauno, suo fratello, che fugge preso dal raccapriccio e dall'orrore. La ninfa aveva concepito un'insana passione per Cauno: pentitasi, piange amaramente e, perdonata dagli dei, viene trasformata in una fonte. Sul capo di Cauno compare la parola "Erubescentia" (vergogna) ed il distico latino che mira a suscitare repulsione e vergogna nei riguardi dell'amore contro natura.

Nel fregio sono scolpite, oltre a dei motivi floreali, alcune delle fatiche di Ercole. Sulla cornice, al di sopra del fregio, ci sono incise alcune lettere sul significato delle quali si sono date dagli studiosi differenti ma non definitive e convincenti interpretazioni.

La Fontana ora è muta poiché negli anni Sessanta le fondamenta del grattacielo distrussero le condutture che le portavano la linfa vitale.

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